La Salute dei Lavoratori al Primo Posto della Continuità Operativa

How does the discipline of worker health and safety change in the pandemic scenario?

What actions must companies take to continue operating while guaranteeing the health of workers?

What risks do the employer and the company run in the event of inadequate interventions?

The emergency imposed by the Coronavirus has made it necessary, on the part of the Legislator and the Companies, the immediate adoption of emergency measures and protocols for the safety of workers against the threat of contagion. Companies are called to a "stress test" that is unprecedented: an invisible enemy is being fought, in the uncertainty of the near future in terms of economics and survival on the market.

Ancorché consapevoli che i temi di salute e sicurezza dei lavoratori in periodo di Coronavirus siano già una priorità nell’agenda delle realtà produttive “essenziali” (esentate dal blocco governativo), riteniamo altresì ragionevole ipotizzare che i recenti provvedimenti su misure e protocolli di contenimento del contagio continueranno a rimanere validi anche al termine del periodo di “lockdown”, probabilmente per tutto il tempo che sarà necessario a mettere sotto controllo l’epidemia a livello locale e/o nazionale.

Per tale motivo, le raccomandazioni commentate nel presente Insights rimarranno rilevanti anche in prospettiva, e interesseranno tutte quelle imprese che, prima della fine dell’epidemia, saranno gradualmente chiamate a ripartire.

Auspichiamo, dunque, che le riflessioni riportate possano agevolare le aziende a prepararsi ad un rientro in “tutta sicurezza”.

COME CAMBIA LA DISCIPLINA DELLA SALUTE E SICUREZZA DEI LAVORATORI NELLO SCENARIO DELLA PANDEMIA?

La materia della Salute e Sicurezza sul Lavoro continua a trovare la propria compiuta disciplina nel Testo Unico D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e sue successive modifiche ed integrazioni, per il cui rispetto si impone un coordinamento con i provvedimenti adottati nel contesto dell’emergenza Covid-19.

Tra questi, il DPCM dell’11 marzo 2020 e successivi, il Protocollo condiviso fra Governo e Partiti Sociali del 14 marzo 2020 (valido per tutte le aziende) e, più specifico per i cantieri, il Protocollo condiviso MIT, ANAS e Parti Sociali del 19 marzo 2020. Tutto nella direzione di poter operare garantendo le condizioni di lavoro sicuro in ordine alla prevenzione da contagio. Con il DPCM 22 marzo 2020, le aziende[1] che possono operare devono farlo nel rispetto dei Protocolli citati[2].

Queste le raccomandazioni contenute nel DPCM:

  • massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
  • incentivazione di ferie e congedi retribuiti per i dipendenti nonché degli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva;
  • sospensione delle attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
  • assunzione di protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di 1 metro come principale misura di contenimento, adozione di strumenti di protezione individuale;
  • incentivazione delle operazioni di sanificazione nei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali;
  • per le sole attività produttive, massima limitazione degli spostamenti all’interno dei siti e accesso contingentato agli spazi comuni;
  • limitatamente alle attività produttive, incentivazione delle intese tra organizzazioni datoriali e sindacali.

Questi i capisaldi della prevenzione indicati, in particolare, nel Protocollo del 14 marzo 2020:

01. ​​Informazione;

02. Modalità di ingresso in azienda;

03. Modalità di accesso dei fornitori esterni;

04. Pulizia e sanificazione in azienda;

05. Precauzioni igieniche personali;

06. Dispositivi di protezione individuale;

07. Gestione spazi comuni (mensa, spogliatoi, aree fumatori, distributori di bevande);

08. Organizzazione aziendale (turnazione, trasferte e smartwork, rimodulazione dei livelli produttivi);

09. Gestione entrata e uscita dei dipendenti;

10. Spostamenti interni, riunioni, eventi interni e formazione;

11. Gestione di una persona sintomatica in azienda;

12. Aggiornamento del protocollo di regolamentazione.

QUALI AZIONI POSSONO INTRAPRENDERE LE AZIENDE PER GARANTIRE LA SALUTE DEI LAVORATORI E CONTINUARE A OPERARE?

Ogni azienda deve “tarare” e applicare le regole alle proprie specificità operative.

Le difficoltà di attuazione sono direttamente proporzionali alla complessità.

Ma quali attenzioni devono essere adottate per una maggiore efficacia?

Vediamone alcune.

  • Informazione

L’informazione dovrà essere, chiara, concisa ed efficace. Occorre utilizzare il supporto “visuale”, che metta in evidenza la comparazione fra azioni “corrette” e azioni “scorrette”. Devono essere mappati i luoghi di affissione e sfruttate le modalità informatiche aziendali per raggiungere tutti i dipendenti. Deve essere conservata l’evidenza delle comunicazioni ai terzi.

È fondamentale informare i lavoratori dell’obbligo di comunicazione al datore di lavoro di “sospetto contagio” o manifestazione dei sintomi, affinché il datore di lavoro possa attivare le procedure di pronto intervento, anche in collaborazione con le autorità sanitarie.

  • Modalità di ingresso in azienda

Sarebbe opportuno rilevare la temperatura corporea con termoscanner. A prescindere dall’affidabilità dello strumento, il personale addetto alla misurazione dovrà essere preferibilmente medico o paramedico, o comunque operatore addestrato. La misurazione dovrà essere rilevata previo consenso, e senza mantenere il dato – a meno di positivi riscontri – comunque nel rispetto della Privacy dei lavoratori. Sarà, inoltre, opportuno acquisire la dichiarazione dei lavoratori sul rispetto delle regole di prevenzione da contagio COVID-19 anche al di fuori dell’attività lavorativa (valida per tutto il periodo di emergenza)[3].

  • Pulizia e sanificazione in azienda e Precauzioni igieniche personali

Deve essere eseguita un’analisi accurata delle attività lavorative al fine di stabilire: la quantità di igienizzanti da rendere disponibili giornalmente e i luoghi di ubicazione; la modalità e la frequenza giornaliera di sanificazioni delle aree comuni (locali ristoro, mensa, spogliatoi, ecc.).

  • Dispositivi di protezione individuale (DPI)

L’uso dei DPI facciali è l’alternativa consentita al lavoro in caso di impossibilità a mantenere la distanza interpersonale inferiore a 1 metro. La scelta del DPI è un aspetto particolarmente critico, anche da un punto di vista di approvvigionamento. La valutazione dovrà essere accurata, con l’ausilio del medico competente. Le modalità di corretto uso devono essere spiegate mediante addestramento specifico; è, inoltre, opportuno affiggere infografiche specifiche in punti strategici.

  • Gestione spazi comuni (mensa, spogliatoi, aree fumatori, distributori di bevande, etc.)

La regola principale per evitare il contagio è mantenere l’opportuna distanza interpersonale di 1 metro. Ciò vale sia nelle lavorazioni, sia nella gestione degli spazi comuni. Così come per ingresso e uscita dall’azienda, anche l’accesso agli spazi comuni deve essere contingentato, mediante turnazione, limitazione dei tempi di permanenza, informative specifiche comprensive delle regole di sanificazione delle mani e degli oggetti (es. tastiera distributore automatico caffè). I rifiuti vanno gestiti in accordo con chi effettua il loro ritiro e smaltimento, indicando ai lavoratori ulteriori regole per la corretta gestione.

  • Gestione di una persona sintomatica in azienda

Il piano delle emergenze aziendali andrà aggiornato con la previsione di tutte le azioni necessarie per la gestione in sicurezza di tale evenienza (dall’isolamento della persona potenzialmente infetta alle comunicazioni alle autorità sanitare). In particolare, dovrà essere trattata come un’emergenza anche la ricezione di notizia di caso sospetto/confermato di contagio da COVID-19 relativa ad un lavoratore che abbia frequentato l’azienda nei 14 giorni precedenti.

Un aspetto importante è quello di riorganizzare l’azienda, per quanto possibile, nel rispetto della distanza interpersonale, prevedendo ad esempio la compartimentazione dell’azienda e delle sue attività, laddove possibile, in modo da evitare la chiusura totale a seguito di accertata emergenza contagio.

  • Aggiornamento del protocollo di regolamentazione

Deve essere previsto un Comitato interno all’azienda per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione, con la partecipazione delle rappresentanze sindacali aziendali e del RLS. L’azienda dovrà istituire una serie di controlli periodici giornalieri, cadenzati o continui in base a necessità, sul rispetto delle regole di prevenzione. Tali controlli dovranno essere documentati, per darne evidenza in caso di verifica da parte delle Autorità competenti per il controllo (es. ATS).

QUALI RISCHI PER IL DATORE DI LAVORO E PER L'IMPRESA?

Inutile dire che il contagio dei propri lavoratori è il primo danno che subisce l’impresa, ma può non essere il solo: in caso di insufficiente o inadeguata applicazione delle misure, il datore di lavoro può ricevere contestazioni di natura penale, per lesioni personali colpose, o addirittura per omicidio colposo.

E, in tali ipotesi, risparmio di spesa o prosecuzione dell'attività potranno essere considerati "il vantaggio" da cui dipende la responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi degli artt. 5 e 25 septies del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

Ai fini della tutela dell'azienda da un punto di vista di responsabilità amministrativa "ex 231", l'attivazione di flussi informativi del Datore di Lavoro verso l'Organismo di Vigilanza, attinenti le misure adottate per la gestione e mitigazione del rischio contagio nei luoghi di lavoro, piuttosto che la previsione di audit sul campo per verificare l'effettività delle misure e delle regole adottare, possono rappresentare validi interventi da prendere in considerazione per rafforzare, in questo momento di grande emergenza, l'efficacia dei Modelli organizzativi 231.

Protiviti affianca le aziende nella grande sfida di tutelare la salute dei lavoratori e al contempo continuare ad operare, al servizio del bene comune.

Abbiamo approntato una metodologia attraverso la quale supportare le aziende, anche a distanza, nella identificazione e interpretazione della normativa applicabile nonché nella revisione del sistema di gestione della salute e sicurezza adottato, richiamato nei Modelli 231, e definizione di specifiche e concrete misure a tutela dei lavoratori e dell’ente.  

Attenti e presenti nella situazione attuale e con lo sguardo aperto al domani.

[1] Con DPCM 22 marzo 2020 sono state sospese “tutte le attività produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1”. Il novero delle attività non sospese può essere modificato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze. In ogni caso, “restano sempre consentite anche le attività che sono funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività di cui all’allegato 1, nonché i dei servizi di pubblica utilità e dei servizi essenziali di cui alla lettera e)”. La lett. e) dell’art. 1 del DPCM 22 marzo 2020, per l’individuazione dei “servizi essenziali”, rimanda alla L. 12 giugno 1990, n. 146 il cui art. 1, co. 1 prevede che sono considerati “servizi pubblici essenziali, indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione ed alla libertà di comunicazione.”. Il DPCM 22 marzo non ha sospeso l’attività di produzione, trasporto, commercializzazione e consegna farmaci, tecnologia sanitaria e dispositivi medico-chirurgici nonché di prodotti agricoli e alimentari e ha previsto che “resta altresì consentita ogni attività comunque funzionale a fronteggiare l’emergenza”.

[2] Più specificatamente, il DPCM 11 marzo 2020, art. 1, co. 7, lett. e) (oggetto di rinvio anche da parte del DPCM 22 marzo 2020) rivolge una “raccomandazione” alle attività produttive non sospese a che vengano adottate misure anti – contagio. Il Protocollo adottato dalle Parti Sociali non è un atto legislativo. Tuttavia, la qualificazione in termini di “raccomandazione” non deve trarre in inganno l’interprete inducendolo a ritenere che l’adozione di misure di prevenzione anti – contagio sia facoltativa. Il testo normativo di riferimento, infatti, rimane il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

[3] “La rilevazione in tempo reale della temperatura corporea costituisce un trattamento di dati personali e, pertanto, deve avvenire ai sensi della disciplina privacy vigente. A tal fine si suggerisce di: 1) rilevare la temperatura e non registrare il dato acquisto. È possibile identificare l’interessato e registrare il superamento della soglia di temperatura solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali; 2) fornire l’informativa sul trattamento dei dati personali. Si ricorda che l’informativa può omettere le informazioni di cui l’interessato è già in possesso e può essere fornita anche oralmente. (…) “. Protocollo condiviso fra Governo e Parti Sociali del 14 marzo 2020.

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